"We are put on this planet only once, and to limit ourselves to the familiar is a crimine against our minds." [cit. Roger Ebert]


lunedì 8 settembre 2014

Ups and Downs

Prima di pubblicare il post sul Labor Weekend vorrei fare un passo indietro e fare delle considerazioni. NE SENTO IL BISOGNO.

Ho abbandonato l'Italia esattamente tre settimane fa. Mi sentivo pronta all'avventura, fiera e invincibile come solo io so essere. Non ho nemmeno pianto quando ho abbandonato la mia famiglia. Sì è vero avevo i lacrimoni agli occhi, ma ero così inconscia del fatto che non avrei potuto abbracciarli di nuovo per i prossimi sei mesi, che non ho neanche pensato di salutarli come solo io sarei stata in grado di fare. L'immagine che mi porto stampata nella mente è l'ultimo abbraccio a mia sorella Francesca, quella grande, giovane e bellissima donna. Piangeva, è la persona più sensibile che io conosca: se ci penso mi viene in mente un orchidea bianca, un fiore così delicato eppure così fiero. Spesso litighiamo, forse perchè abbiamo caratteri opposti o forse perchè sono troppo simili. Eppure lei era lì per me a salutarmi con le lacrime agli occhi, perchè lei saluta così. 
Lasciatemi dire che l'ultimo abbraccio che ho dato a mia sorella è stato il più bello di tutta la mia vita: io sono una persona piuttosto riservata, non amo il contatto fisico e sono abbastanza solitaria, ma quell'abbraccio mi ha riscaldato il cuore e l'ho sentito così vero che a rivivere quel momento gli occhi mi si inumidiscono ancora.
Credo che non fossi pronta a partire e credo che voi possiate ricordarlo perchè l'ho scritto. Ho salutato tante persone prima di andarmene, eppure non ho versato una lacrima. Non me lo sarei mai aspettato da me stessa: non è da me, sono molto emotiva di solito. Così sono salita su quell'aereo diretto a Francoforte e in quel momento l'unica cosa che la mia vicina di sedile poteva scorgere era il mio sorriso stampato in faccia. Credo che avessi la faccia di una beota, ma ero felice e poco importa, specialmente ora.
Fino a quando non ho oltrepassato l'immigrazione ad Atlanta non credo che capissi neanche dove stessi andando, stavo solo viaggiando. Fingevo di essere una turista. Da questa situazione sono passata allo stordimento per le molte ore di volo. Però ero perfettamente lucida e, come ho descritto a qualcuno per me importante, la sensazione era quella di essere stata catapultata in un limbo: l'Italia era lontanissima, addirittura inesistente, e beh l'America era più che inconsistente. Avete mai visto The Terminal? Mi sentivo un po' come si sente Tom Hanks all'inizio del film: disorientata.
Piano piano qualcosa ha iniziato a prendere forma nella mia testa e lentamente ho iniziato a capire cosa stava accadendo. L'apice l'ho raggiunto sul volo diretto a Panama City Beach; forse ero stanca e frastornata dopo tutte quelle ore sveglia e così ho iniziato a piangere guardando il salvaschermo del mio telefono. Può sembrare stupido e infantile ma quella foto era l'unica cosa che ancora mi legava alle persone che mi ero lasciata alle spalle. Penso sia stata una doccia fredda realizzare così di colpo.
Prima di partire ci sentiamo invincibili, così maledettamente sicuri della scelta che abbiamo preso, non ci curiamo neanche di aver nostalgia di casa, perchè noi siamo diversi da tutti gli altri. Tutti gli altri non sono NOI. Io ero così, molto probabilmente lo sono ancora. Sono come Icaro che, volendo volare troppo vicino al Sole per osservarlo meglio, fa sciogliere con il calore le sue ali fatte di cera e piume e precipita nel mare.
Sono arrivata e sono stata subito catapultata in una nuova situazione, mai e poi mai mi sarei immaginata la realtà in cui ora vivo. La prima settimana è stata uno shock, il primo giorno di scuola pure. Non ho pianto il primo giorno di scuola,dopo esser tornata a casa, e mi sentivo così fiera di me stessa. La doccia fredda è arrivata l'indomani mattina quando ho iniziato a singhiozzare perchè mi sono spruzzata sui polsi il profumo Mademoiselle di Coco Chanel: c'è stato un periodo in cui era il profumo di mia mamma. Sapete non so perché ma per me è sempre stato così: tutti quei profumi che negli anni mia mamma ha usato per lunghi periodi sono stati immagazzinati dalla mia mente come "questo è l'odore della mamma". E ho piagnucolato come una bambina viziata. Ma giusto perchè mi sento "grande" ho cercato di non farmi sentire con l'unica conseguenza che il giorno dopo è stato solo peggio.
Iniziavo a dirmi che fino a Gennaio non avrei resistito, iniziavo a dubitare di aver fatto la scelta giusta, iniziavo a credere di aver maturato una tale scelta solo perchè "fa figo".
Il primo Sabato che ho passato qui ho toccato il fondo, letteralmente. Ero così demoralizzata che 30 secondi dopo stavo già parlando su Skype con Enrica, una delle mie migliori amiche, per farmi tirare sul il morale. Non riferirò il contenuto di quella conversazione lunghissima anche perchè certe cose non si possono ripetere, ciò che posso dire è che l'unica cosa che ricordo sono i miei lacrimoni che rotolavano giù dalle mie guance. Dire che ero in crisi è dire poco. Forse la parola giusta è "scoraggiata".
Chiariamo bene una cosa: non mi mancano la mia famiglia e i miei amici ora e neanche quando ho avuto questa crisi, si trattava della consapevolezza di non vederli per i prossimi mesi. Era il mio saluto che, come al solito, è qualcosa di solitario e ritardato.
Perché sto raccontando tutto questo? Oggi ho letto qualcosa che mi ha scombussolato la serata. Mi sono sentita tirata in causa. Inizialmente avevo pensato di tornare a casa prima del previsto, perchè credevo di aver fatto il passo più lungo della gamba. E quando ho sentito qualcuno che aveva avuto il mio stesso pensiero, mi sono domandata chi io fossi. Sono timida sì e quando qualcosa sconvolge la mia vita spesso prendo la strada più lunga e facile, ma quest'estate sono uscita a testa alta da parecchie situazioni spiacevoli e ho iniziato ad essere più adulta.
Non sono una che scappa, sì magari prendo il percorso più lungo ma non mollo. Un detto latino dice "Non fragar, sed flectar" cioè "Mi piego, ma non mi spezzo". Io credo di essere così, ogni volta che la vita mi ha giocato un tiro mancino mi sono rialzata. SEMPRE. Motivo per cui appena ho pensato di mollare e tornarmene a casa mi sarei volentieri data un pugno in pancia, ma siccome non sono ancora masochista non l'ho fatto.
Sto scrivendo questo post soprattutto per me stessa e per poi per quelle persone che si sentono appese a un filo. Per favore non mollate la presa.
Potrebbe essere l'anno più strano della nostra vita, potrebbe essere l'anno più bello della nostra vita, ma potrebbe anche essere l'anno più brutto della nostra vita. Dipende tutto da noi. E quando dico che dipende tutto da noi non intendo dire che è strettamente necessario stringere amicizia con quanta più gente possibile e uscire il più spesso possibile. Quando dico che dipende tutto da noi intendo dire che dipende tutto da come affrontiamo le prove che ogni giorno ci vengono poste davanti. Ciò che conta è il nostro stato d'animo, la nostra forza. 
Sappiamo già di essere forti, abbiamo già preso la decisione più difficile della nostra vita, abbiamo lasciato alle nostre spalle qualcosa e qualcuno, magari siamo fuggiti altrove in cerca di sollievo, abbiamo attraversato confini e sondato limiti, abbiamo perso qualcuno e altri ne perderemo, ma molto egoisticamente: siamo qui per noi stessi, siamo qui alla ricerca del nostro Io interiore, siamo alla ricerca di un qualcosa che nemmeno noi sappiamo cosa sia. Perchè quindi dovremmo abbandonare la ricerca? 
Non fatevi abbattere da una giornata negativa, non fatevi smuovere da qualcosa che è successo dall'altra parte dell'oceano, non mollate la presa perchè pensate di non essere abbastanza. Siete abbastanza. Se pensate di star vivendo quest'esperienza non per voi stessi ma per qualcun altro va bene. Purchè quel qualcun altro sia il voi stessi del futuro.
Il tempo vola, sono già tre settimane che sono qui e sembra ieri che sono arrivata, e una volta presa una decisione definitiva non si torna indietro. Mai. Pensateci bene a cosa state abbandonando: in gerco tecnico si chiama trade off, ottenere di più di qualcosa solo a discapito di qualcos'altro. Siete davvero pronti per questo? Io credo di no.

Un besos,
Ale

"A volte quella che sembra una resa non lo è affatto. È qualcosa che avviene nel profondo del nostro cuore. Significa vedere con chiarezza di cosa è fatta la vita, accettarla e viverla con coerenza, qualunque siano le conseguenze, perché il dolore che proveremmo decidendo di non viverla sarebbe molto, molto peggiore."
[cit. Nicholas Evans]

3 commenti:

  1. Ciao! Volevo dirti che se anche non ti conosco mi posso immedesimare quasi completamente con ciò che hai scritto, ho passato come te un "brutto" periodo ma ora sono pronta ad affrontare anche questa sfida :) hai espresso alla perfezione quello che molti di noi exchange student stanno passando, complimenti! In bocca al lupo per la tua avventura :)
    Francesca

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  2. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  3. Ciao Francesca! Ti ringrazio per quello che hai detto! La cosa importante è ricordarsi che non siamo soli, ma che ci sono altre persone, che come noi, stanno affrontando le stesse difficoltà

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